Festa dei santi Patroni Felice e Fortunato, 11 giugno 2013
Riportiamo di seguito il breve intervento del vescovo diocesano mons. Adriano Tessarollo in piazza Vigo prima dell’inizio della processione e il testo integrale dell’omelia da lui pronunciata durante la messa pontificale in cattedrale.
Il vescovo in piazzetta Vigo: “Come va la nostra fede?…”
Prima di metterci in cammino in processione al seguito del Santi Patroni Felice e Fortunato, testimoni di una fede forte e coraggiosa, ci poniamo una domanda che riprendo da un’omelia-riflessione di Papa Francesco. “Come va la nostra fede? È forte? O alle volte è un po’ all’acqua di rose?”. Quando arrivano le difficoltà “siamo coraggiosi – come i Santi Felice e Fortunato – o un po’ tiepidi?”. Questi santi non hanno taciuto o negoziato la fede. Sempre c’è stata e c’è la tentazione di
“tagliare un pezzo alla fede”, di fare “come fanno tutti”, di non “essere tanto, tanto rigidi”. “L’esempio dei nostri Santi e Giovani Patroni, che ora circondiamo di onore, ci aiuti e dia forza a noi, che alle volte abbiamo la fede un po’ debole”, la forza di testimoniare con la vita la “fede che abbiamo ricevuto”, questa fede che è il dono che il Signore ha dato a questa nostra città e diocesi. Nella preghiera pubblica e personale chiediamo al Signore: “Custodisci la mia fede, che la mia fede sia forte, coraggiosa, anche nei momenti in cui – come Felice e Fortunato – devo viverla e testimoniarla pubblicamente”.
La fede e la testimonianza
Omelia del vescovo (letture: Sir 2,7-13; Ebr 10,32-36; Mc 8,34-38)
Dalla Lettera agli Ebrei abbiamo ascoltato: “Richiamate alla memoria quei primi giorni: dopo aver ricevuto la luce di Cristo, avete dovuto sopportare una lotta grande e penosa, ora esposti pubblicamente a insulti e persecuzioni”. Due giovani, Felice e Fortunato, hanno accolto nella loro vita la luce di Cristo, lo hanno seguito, hanno sopportato una lotta grande e penosa, esposti pubblicamente a insulti, persecuzioni e morte! Per Felice e Fortunato le parole di Gesù: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” si sono realizzate sia nel senso di una vita cristiana vissuta in unione e obbedienza a Gesù e alla sua Parola, sia come effettiva partecipazione alla sua morte violenta a causa della fede che professavano.
Quali pensieri e sentimenti avranno sostenuto i giovani Felice e Fortunato nel loro martirio? Certamente la fiducia totale nella Parola del Signore che abbiamo udito: “Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”. Il martire non è un rinunciatario della vita, ma ne è un amante nella sua forma più piena e duratura. Solo chi coltiva pensieri di fede e di speranza nel Signore, al momento della prova ne è sostenuto: “Confidate in lui, e la vostra ricompensa non verrà meno…; sperate nei suoi benefici, nella felicità eterna e nella misericordia…; aspettate la sua misericordia e non deviate, per non cadere… Perché il Signore è clemente e misericordioso, perdona i peccati e salva al momento della tribolazione”.
“Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa. Avete solo bisogno di perseveranza, perché, fatta la volontà di Dio, otteniate ciò che vi è stato promesso”.
Diceva il papa qualche settimana fa: “La fede è fragile se la concepiamo come uno sforzo umano, mentre è l’accoglienza di un dono di Dio. C’è però un segreto, un modo per rafforzarla: la preghiera”.
Ma il papa si chiedeva anche: “Una volta rafforzata la fede fragile, come comunicarla? Come evangelizzare in un mondo che sembra spesso freddo e ostile?” La sua risposta è semplice: «La trasmissione della fede si può fare solo con la testimonianza». Ecco il martirio inteso come testimonianza: noi evangelizziamo non con le nostre idee, ma con il Vangelo che si vive nella nostra vita. La Chiesa la portano avanti i santi che danno questa testimonianza. E la forza di testimoniare la fede non è il risultato del nostro sforzo, è un dono del Signore che dobbiamo accogliere.
È bene sapere cosa è la fede, ma ciò non basterà. La fede, per essere credibile, deve essere vissuta in tutti i particolari della vita, come frutto di un incontro con il Signore. Caterina da Siena scrive a questo proposito: “Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!”. Quando si è incontrato Gesù, si è spinti ad annunciarlo: “Guai a me se non predicassi il Vangelo!”, leggiamo in 1 Corinzi 9, 16; e questa esperienza ha trasformato la vita dell’uomo Saulo che è divenuto l’instancabile apostolo Paolo. Essere testimone è annunciare con la parola e soprattutto con la vita Gesù Cristo, la sua vita, il suo messaggio. L’autentico testimone è uno che trova il proprio modello in Gesù, il testimone del Padre. Ogni testimone non può indicare altro che Cristo, come la serie dei martiri di Cristo, a partire da Giovanni Battista fino anche ai nostri martiri Felice e Fortunato che si sono lasciati coinvolgere personalmente da Gesù e dal suo Vangelo attraverso la coerenza delle loro scelte di vita. È in questo che essi diventano attendibili punti di riferimento per noi.
Essere testimoni oggi comporta tanta fatica! Pensate quanto coraggio ci vuole per andare a messa la domenica quando magari anche in casa nessuno ci va; o dedicare del tempo gratuitamente per gli altri quando gli amici pensano a divertirsi; o fare delle scelte diverse quando tutti la pensano uniformemente in modo egoistico! Colui che vuole testimoniare Cristo va spesso contro corrente! Come se il messaggio del Vangelo andasse contromarcia. Oggi la tentazione è di confondersi nell’anonimato, di essere come tutti! Ma l’uomo di fede è ‘diverso’, il cristiano cammina sì sulla terra ma è orientato al Cielo. “E questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo – scrive Giovanni – la nostra fede” (1 Giovanni 5, 4). Vivere la fede è un’avventura, è camminare al Passo del Dio Vivente!
Ss. Felice e Fortunato, intercedete per noi dal cielo e sosteneteci col vostro esempio.
+ Adriano vescovo