Il linguaggio dello sciopero è ancora attuale e produttivo?

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Commentando… (del vescovo Adriano)

Il linguaggio dello sciopero è ancora attuale e produttivo?

Ho letto alcuni giorni fa la seguente notizia: “Da lunedì entra nel vivo la mobilitazione unitaria, promossa da Cgil Cisl Uil, per cambiare la legge di Stabilità. Dall’11 novembre fino a venerdì 15 tutte le province italiane saranno interessate dallo sciopero nazionale proclamato dai sindacati confederali lo scorso 21 ottobre contro la Manovra. Quattro ore di astensione dal lavoro che coinvolgeranno i lavoratori di tutti i settori e che si articoleranno a livello territoriale con varie iniziative. Obiettivo dei sindacati è chiedere misure per diminuire le tasse sui lavoratori e sui pensionati, risorse per rivalutare le

pensioni, iniziative per affrontare i nodi irrisolti nella pubblica amministrazione e dare efficienza alla spesa pubblica, attraverso il taglio degli sprechi e dei costi della politica. I segretari di Cgil, Cisl e Uil, Camusso, Bonanni e Angeletti, da lunedì inizieranno una serie di incontri con i gruppi parlamentari a cominciare da Sel, Pd e Fratelli d’Italia”. Poi ne ho letto un’altra dall’Ansa: “Il Garante degli scioperi contesta le modalità dello sciopero Cgil, Cisl e Uil a livello territoriale perché in molti casi le categorie e i territori hanno esteso la durata da 4 a 8 ore, mettendo a rischio l’erogazione dei servizi pubblici. Il Garante invita i sindacati “a dare adeguate istruzioni alle proprie strutture territoriali e di categoria, al fine di evitare che si determini una non accettabile compromissione della continuità dei servizi pubblici”.

Mentre scrivo non sono in grado di dire che effetto hanno avuto di fatto questi scioperi sui servizi alla popolazione e quale contributo costruttivo abbiano apportato al bene comune. Penserei che in tempi di emergenza sarebbe più utile e moderno ‘rimboccarsi le maniche’ più che ‘incrociare le braccia’. Credo sia bene usare l’intelligenza e la bocca per dialogare e proporre, più che partire sempre da manifestazioni di forza, per mostrare i muscoli. Ormai mi permetto di ritenere “la minaccia dello sciopero” un’arma di alcune categorie, fra l’altro non sempre le più deboli e indifese, che pesa su altre categorie, spesso più deboli e indifese. Ma è proprio vero che i sindacati non hanno altri modi, meno dannosi, di far sentire le loro proposte? Ormai sono sulla stampa tutti i giorni, non c’è passo che il Governo possa fare senza che i Sindacati (suddivisi in infinite categorie a seconda degli interessi dei gruppi da difendere) siano sempre consultati e spesso accontentati negli interessi che, spesso, bisogna avere il coraggio di chiamare ‘di parte’. Penso alle 13 sigle sindacali che tutelano, ad esempio, tutti gli altissimi e privilegiati salari di quanti nelle diverse mansioni sono impiegati alla Camera e al Senato! Non è ora di abbandonare lo stile della ‘lotta di classe’, per passare a forme più moderne di dialogo, tra persone intelligenti e che abbiano di mira davvero il bene comune, cioè di tutti? Perché per affermare le proprie proposte c’è sempre bisogno di prendere in ostaggio le persone che dovrebbero poter usufruire del servizio di chi ha un posto di lavoro sicuro e solitamente bene o sufficientemente retribuito?     (+ vescovo Adriano)

 

 

da NUOVA SCINTILLA 43 del 17 novembre 2013