E se ricominciassimo dai doveri?

adriano
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E se ricominciassimo dai doveri?

Ormai è diventata linguaggio comune l’espressione ‘rivendicare i diritti’, in tutti gli ambiti di vita, ma soprattutto nella sfera sociale e pubblica. Solo che privilegiare i diritti rispetto ai doveri porta con sé anche rischi reali. I diritti spesso diventano privilegi e ‘furbizie’ per alcuni e discriminazioni per altri. Si manifesta spesso per rivendicare i diritti nostri e i doveri degli altri, quasi mai per ribadire i doveri nostri e i diritti degli altri. Il noto detto poi “fatta la legge, trovato l’inganno” sta ad indicare che si trova facilmente la via di evadere il dovere e far valere il ‘proprio’ diritto che spesso è interesse o vantaggio più che diritto. Sto pensando alla tensione sociale che in Italia si vive tra la popolazione riguardo agli immigrati, proprio in riferimento ai ‘loro diritti’. La gente ha l’impressione che non ci sia equilibrio tra diritti e doveri degli immigrati che qui arrivano, mossi da tante e diverse ragioni.

Anzi sembra ci sia uno sbilanciamento in favore dei diritti mentre non siano chiaramente ribaditi ed esigiti i loro doveri, col rischio che poi questo provochi da parte dei cittadini anche il rifiuto dei diritti naturali e di quelli civili. Il fatto di dare gratuitamente a quanti arrivano vitto, alloggio, vestiario, possibilità di sigarette, cellulare, ricariche, qualche euro giornaliero per spese personali, assistenza sanitaria e giuridica, aiuto per imparare la lingua, e quant’altro suscita qualche reazione. Perché si fa il confronto con il cittadino italiano che invece ha il dovere di procurarsi tutto ciò, salvo qualche aiuto dal sociale o dal volontariato caritativo. La spesa pubblica che permette loro di avere quegli aiuti deriva dalle tasse che pagano quei cittadini che li accolgono, molti dei quali pagano l’affitto per avere una abitazione, non hanno lavoro, faticano ad arrivare a fine mese, si indebitano, rinunciano a tante cose. Rincara poi la tensione il fatto che oltre alla doverosa prima accoglienza, non si provveda a informare chiaramente chi arriva anche sui doveri che scaturiscono dalla nuova condizione. A nessuno viene chiesto di rinnegare se stesso e la propria cultura, ma di accettare la Legge e i doveri che lo Stato richiede a tutti, specie leggi sociali, sanitarie e altro. Primo fra tutti va richiesto chiaramente il  rispetto della cultura, delle regole di vita, delle tradizioni, usi e costumi e di quant’altro trovano nel Paese dove intendono inserirsi, cose che non ledono la loro identità personale. Certo crea forte disagio e talvolta anche ribellione, l’immediata rivendicazione di propri diritti, con intolleranze e talvolta rifiuti espliciti delle diversità culturali e anche religiose che trovano in coloro presso i quali essi chiedono di fissare la loro nuova dimora. Non sarebbe il caso di parlare loro non solo dei vari legittimi ‘jus’ ma anche dei loro sacrosanti doveri di rispetto, di ordine e quanto altro richiesto ad ogni cittadino di questo Stato? Questo vale per noi e per loro. E’ vero che non è tutta colpa loro, ma di certa ‘cultura’, ormai priva di identità, che ha ben altri interessi e intenti nell’accogliere indiscriminatamente e senza regole tutto e tutti. Ed è questa cultura che ha la pretesa di tacciare come ‘xenofobo’ chi ha una solida identità culturale, sociale e religiosa, e che è disposto ad accogliere con rispetto ma che richiede il dovuto rispetto. Una cosa è il dialogo culturale e religioso, altra cosa è il ‘miscuglio’ o la confusione culturale.

+ Adriano Tessarollo

Nuova Scintilla n.29 – 23 luglio 2017