Commentando… (del vescovo Adriano)
Conflittualità e fraternità
La scena politica, sociale ed economica mondiale, italiana e anche ecclesiale è oggi particolarmente caratterizzata da conflitti: da quelli armati (guerre e violenze), a quelli sociali e ideologico-culturali (manifestazioni nelle piazze segnate da intolleranza e violenza), a quelli politici (contrapposizioni infinite e inconcludenti), a quelle economico-sociali (ambito del mondo del lavoro con prospettive di lotte e contrasti anziché di collaborazione), fino a quelle religiose e etnico-razziali (oggi soprattutto islam/cristianesimo), e anche ecclesiali (vedi oggi tematiche riguardanti la famiglia, tradizione/rinnovamento).
Ciò che sta sempre più venendo meno è la ‘fraternità’. Su quali basi si può fondare la fraternità? Per il credente cristiano il suo fondamento è legato allo stesso credere in Dio: “chi non ama suo fratello che vede non può amare Dio che non vede”( 1Gv 4,20).
Ma quando vedo scene di uccisioni, decapitazioni, violenze di ogni tipo su persone, uomini, donne, bambini etc… o indifferenza di fronte alla morte di tante persone, rifiuto di accoglienza, maggiore interesse o cura per il proprio cane o gatto che per il figlio del vicino o del povero che bussa alla nostra porta, mi vien da chiedere se la fraternità umana sia una parola che risuoni oggi davvero come valore sia religioso che laico. O sta a cuore la persona, a tutti e a ciascuno, la propria persona e la persona dell’altro o non solo il nostro sistema ma l’umanità stessa divorerà se stessa. L’idea e l’atteggiamento di fraternità deve diventare ‘cultura’, cioè modo di pensare di tutti: nessuno può pensare di chiudersi in un recinto, quasi a respirare perfino il proprio ossigeno! Nel nostro Occidente ateo, senza Dio, il ‘tramonto di Dio’ sta facendo tramontare anche il ‘valore del fratello’. L’economia è sempre più manovra nascosta, avida, bugiarda e spietata, che porta a ragionare unicamente secondo i criteri del “quanto mi conviene? cosa mi rende?”. Così pure la politica! Politica ed economia devono tornare a farsi le domande giuste: come lo sviluppo, il progresso e le leggi diventano luogo per far crescere la fraternità umana, la vita buona per tutti, le buone relazioni, mettendo al centro la persona? Ma forse c’è un’altra domanda che oggi risulta molto necessaria: come modificare l’organizzazione sociale, la produzione e il consumo, in modo che diminuendo le pretese di molti, diventino possibili condizioni di vita dignitosa per tutti? Fraternità sembra una parola vecchia, ma già la Rivoluzione francese ne aveva fatto, insieme a libertà e a uguaglianza, il terzo pilastro della nuova società che dalla Rivoluzione sarebbe dovuta nascere. Ma allora fu, come oggi è, il pilastro più “dimenticato”. Concludo con un pensiero ripreso e adattato, da un testo di R. Mancini dal titolo “Esistenza e gratuità”. Mi auguro che davvero si apra di fronte a noi una cultura che faccia dell’assunzione della fraternità il criterio del nuovo agire politico, economico, sociale ed ecclesiale, “che oltretutto ridarebbe colore alla parola ‘pallida e malata’ che è la democrazia”(Mancini). (+ Adriano Tessarollo)
da NUOVA SCINTILLA 38 del 12 ottobre 2014