COMMENTANDO…
Chiarezza e responsabilità fanno bene a tutti
Nei giorni scorsi c’è stato un gran parlare o scrivere a proposito di due argomenti mescolati insieme, ma che andrebbero distinti. Il primo riguardava la scelta di mettere la Casa Madonna del Divino Amore, di proprietà della Diocesi, per accogliere rifugiati e migranti. Il secondo invece riguarda più globalmente il problema dei rifugiati e migranti e la questione della loro accoglienza in genere. Il primo argomento poi si è esteso, con giudizi di ogni tipo, sull’uso dei beni della Chiesa, sulla destinazione dell’8 per mille, sull’indisponibilità e chiusura della nostra Chiesa di Chioggia, primo fra tutti il vescovo. Dato che si tratta di opinioni, più proclamate che documentate, che però tendono a gettare discredito sulle scelte e disponibilità della Chiesa di Chioggia, ritengo utile un chiarimento, senza pretesa di far cambiare ‘giudizio’ a nessuno. Tutto ha avuto origine dalla telefonata rivoltami da una giornalista, che neanche saprei dire chi fosse e per quale giornale scrivesse, la quale mi chiedeva se fossi informato che il Ministero stava programmando la costruzione di casette a Cona per i molti rifugiati e immigrati.
Aggiungeva poi, a suo dire, che poteva essere disponibile la Casa del Divino Amore di S. Anna di Chioggia. La mia risposta fu che tale ipotesi era già stata valutata dagli organi competenti a ciò deputati e dal sottoscritto e che si era data risposta negativa, motivata dal fatto che le condizioni dello stabile e altre considerazioni lo sconsigliassero. Noi stessi infatti lo avevamo dismesso per le precarie condizioni generali che richiedevano una notevole spesa di gestione, peraltro fortemente passiva, e grossi lavori per l’adeguamento degli impianti e di altre costose manutenzioni. E non ci era parsa cosa dignitosa anche per gli ospiti, essere accolti in condizioni non idonee, col rischio di vederli ammassati numerosi come già avviene in altre non poche parti. L’ampiezza della struttura infatti poteva prestarsi a ciò, provocando poi lamentele e proteste per l’inadeguatezza delle condizioni di accoglienza offerte, compresi rischi anche di altro genere. Anche il problema del rapporto con la popolazione locale è stato preso in seria considerazione come pure l’impegno di accompagnamento e inserimento degli ospiti, specie se tanto numerosi. Non saremmo poi stati esenti anche da critiche di lucrare sui poveri. Abbiamo allora valutato altre ipotesi e progetti per un uso ecclesiale, caritativo e sociale, affrontando la radicale ristrutturazione e rimodulazione e calcolandone le spese necessarie. Queste varianti richiedevano le necessarie autorizzazioni, tardando a venire le quali e prospettandosi tempi lunghi per averle con inoltre la richiesta di altri oneri, si è concluso che la spesa non è nelle nostre possibilità. Così ci stiamo orientando ad altre destinazione possibili, riservandoci la valutazione delle eventuali proposte a nostra portata. A mo’ di conclusione mi si permetta di citare il proverbio che dice “sa più il pazzo in casa sua che il savio in casa d’altri”. Diverso è il problema generale dell’accoglienza di rifugiati e migranti verso i quali né personalmente né la Chiesa di Chioggia siamo stati insensibili, secondo le nostre forze. Ritengo che sia sì importante fare, ma fare bene, secondo le proprie forze, senza la pretesa di fare tutto. A qualcuno viene più facile pretendere che siano gli altri a fare quello che essi non fanno. Dialogo sempre, con disponibilità di metterci in gioco, di ascoltare con rispetto, ma anche trovando dall’altra parte altrettanto ascolto e rispetto e non superficiali giudizi e severe e immotivate condanne.
+ Adriano Tessarollo
Nuova Scintilla n.5 – 4 febbraio 2018